Essere adulti nello sport dei bambini

Dall’ estremo dell’overparenting all’altro della genitorialità assente, passando per tanti atteggiamento virtuosi, troviamo tutti i modi di essere GENITORE nello sport.
Ma cosa accade quando una mamma troppo apprensiva incontra un istruttore superficiale? E quando un istruttore orientato alla vittoria incontra dei genitori che iscrivono il loro bambino a fare sport senza smanie di farne un campione? E quando un genitore troppo coinvolto incontra altri genitori altrettanto agitati?
Non sono solo le caratteristiche degli individui ad essere potenzialmente nocive ma anche i loro possibili incroci. Come evitare situazioni in cui i bambini vengono messi nella condizione di dover scegliere se dare retta al coach o al genitore? Come rendere l’adulto consapevole e immune da incongruenze educative che rendono la pratica sportiva dei bambini molto meno costruttiva di quanto dovrebbe essere?
Tra adulti "nessuno educa nessuno" e nessun contesto può funzionare se non attraverso un processo di strutturazione di regole condivise, in questo specifico caso finalizzate alla salute psicofisica dei figli. I tempi sono cambiati ed in quelli che viviamo adesso se non si considera la costruzione di un patto etico tra le famiglie e le società sportive, è molto difficile pensare ad un lavoro di qualità con i bambini. Il patto in questione deve avere come obiettivo la creazione ed il sostegno di un modello di formazione ed educazione attraverso lo sport concepito per i bambini e orientato a dare risposte ai reali bisogni dei bambini e non, utilizzando le parole dello psicologo Pietro Trabucchi, “in sintonia con gli aspetti più discutibili della nostra società”. Tali discutibili aspetti da una parte spingono gli adulti alla ricerca del campioncino precoce e dall’altra all' eccessiva ed ansiosa iperprotezione del bambino spesso tenuto sotto una campana di vetro. Ma siamo sicuri che chiedendo ai bambini ed ai ragazzi di dare risposte rapide alle ambizioni dei suoi adulti e/o impedendogli di affrontare ogni difficoltà e la frustrazione che consegue un piccolo fallimento stiamo facendo il loro bene? L'iperprotezione dei figli è una delle grandi malattie del nostro tempo perchè impedisce la sperimentazione di se stessi e dell'attitudine a uscire con disinvoltura dalle zone di comfort che tendiamo a creare intorno a noi a qualsiasi età per paura di non farcela. La motivazione persistente e l'autostima nascono e si rigenerano proprio dalla consapevolezza di sapersela cavare e si formano solo con il fare. Ciò che sembrerebbe più opportuno per gli adulti è l'imparare ad accompagnare i giovani ed i giovanissimi nel loro cammino fatto anche di errori, gestendo aspettative eccessive ed ansia e dando fiducia. L’adulto utile è quello affidabile, attento all’esempio che dà, che interviene per facilitare il percorso solo quando è veramente necessario. Dunque, gli adulti educano dando gli strumenti e facendo fare, come è sempre stato: i genitori e gli insegnanti più preziosi sono presenti ma sanno fare un passo indietro affinché i ragazzi ne facciano due in avanti. L’alta concentrazione giocosa, che vediamo negli occhi di un bambino che si diverte e impara, perde se stessa senza punti di riferimento affidabili o se le aspettative esterne gravano in modo sconsiderato. Tuttavia le aspettative degli adulti rispetto alla riuscita dei bambini/ragazzi nello sport non devono essere negate completamente e non rappresentano sempre una criticità. Ciò che fa la differenza è di quali emozioni si caricano e quali forme prendono, la sovraidentificazione con il ragazzino/a che fa sport, per esempio, è una forma da evitare perchè significa investirlo di motivazioni inerenti la propria autostima, la propria autorealizzazione di adulto, il proprio status sociale o addirittura il buon nome della famiglia o il blasone società sportiva. Jung diceva che 'non c'è nulla che abbia un influsso psichico più forte sull'ambiente circostante, e in special modo sui figli, che la vita non vissuta dai genitori'.
Lo stesso vale per insegnanti ed educatori di qualsiasi livello, per questo è così importante la loro consapevolezza. Per accompagnare con qualsiasi ruolo un minore nella sua vita sportiva non occorre essere perfetti, è sufficiente la capacità di mettersi in discussione con equilibrio. La capacità di conoscere e riconoscere le proprie spinte, i propri comportamenti e l'umiltà di saperli accettare e modificare affinchè non gravino mai sui altri sono elementi di tutela per i bambini/e ed i ragazzini/e che devono essere liberi di sperimentarsi nella serenità e nella leggerezza.
 
"La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l'abbandono al caso."
Italo Calvino
per modificare.

​di Barbara Rossi